Wagner vola tra Olanda e Norvegia

 

Il boato del pubblico che ha salutato l’accordo finale dell’orchestra dà la misura del trionfo per questo Fliegende Holländer a Santa Cecilia. Tutto ha funzionato per decretare il successo della produzione: orchestra in gran forma, direttore dal piglio giusto, compagnia di canto ben assortita e coro – superbamente istruito da Ciro Visco – tirato a lustro.

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Quando il piano va forte

 

Modi diversi di suonare il pianoforte. Due appuntamenti romani hanno proposto due declinazioni dello strumento principe dalla musica romantica in poi. Per la stagione della Filarmonica Romana al Teatro Argentina, Roberto Prosseda ha accompagnato la lettura integrale de I fiori del male di Charles Baudelaire in cinque spettacoli, con l’esecuzione di composizioni di musicisti amati dal poeta francese. All’Auditorium Parco della Musica, un recital ha visto protagonista una Beatrice Rana in forma smagliante. Cominciamo dalla giovane solista salentina, 25 anni appena compiuti.

Il pianoforte sinfonico di Beatrice Rana
Entusiasmante concerto della pianista di Copertino in Sala Santa Cecilia (peraltro non gremitissima). Beatrice Rana, davvero in stato di grazia, ha proposto un programma in cui il pianoforte ha giocato con la musica sinfonica (programma già presentato ad Amsterdam, Lione, Colonia). Ha cominciato con uno Schumann intimo, i cinque brevi brani del Blumenstück. Più esplosivi gli Studi sinfonici: si tratta di un tema (non di Schumann ma di un dilettante, il barone von Fricken) e undici variazioni più un finale. Continua a leggere

Musica sacra per davvero

Negli appuntamenti concertistici romani non manca mai la musica sacra. Qui di seguito, tre concerti riconducibili al genere, anche se molto diversi tra loro.

Concerto Romano

Una perla del barocco romano (di autore toscano)
Imperdibile l’inaugurazione della rassegna “Filarmonica all’Argentina”. Giovedì 25 gennaio, i concerti della Filarmonica Romana al Teatro Argentina hanno preso avvio con La sete di Christo di Bernardo Pasquini, un oratorio del 1689, che il Concerto Romano, diretto da Alessandro Quarta, ha riportato in vita pochi anni fa, anche con un’incisione discografica.

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Novecento: sinfonico, cameristico e operistico (da camera)

Quanti Novecento?
Due concerti romani ravvicinati hanno offerto un’occasione per riflettere sulla musica del Novecento. Lungo o breve, quello che si siamo lasciati alle spalle è stato un secolo plurale in tutte le arti, inclusa la musica. Per dirla in modo semplice e forse semplicistico, nel Novecento si è composto (e ascoltato) tutto e il contrario di tutto. Come nella pittura, arte figurativa, è nata la pittura astratta, nella musica, arte dell’armonia, è stata ideata la atonalità (più esatto sarebbe parlare di musica seriale). Ma queste svolte non hanno imposto un canone unico. Schönberg (ne abbiamo parlato tempo fa) ha fatto in tempo a essere dichiarato morto (o forse ucciso dall’avanguardia) ma non è stato sepolto, e forse molti che sono venuti dopo di lui non stanno tanto bene…
Questo Novecento plurale è emerso nella stagione di Santa Cecilia e in quella della Filarmonica Romana.

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La musica da camera

Alessandro Carbonare e Monaldo Braconi (Accademia di Santa Cecilia)

Clarinetto e pianoforte

Dici musica da camera e sembra di aver detto tutto. Due concerti ravvicinati fanno capire come ogni definizione sia riduttiva. Sempre con pianoforte, uno prevedeva il clarinetto, l’altro il violoncello come strumento coprotagonista. Andiamo in ordine cronologico.
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Tra Sonnambula e Masnadieri

Jessica Pratt, Juan Francisco Gatell, Reut Ventorero e Riccardo Zanellato (La Sonnambula, Teatro dell’Opera di Roma)

Una fiaba tra sonno e veglia

Quando da adulti ritroviamo la nostra stanza di bambini, tutto ci sembra più piccolo di come lo ricordavamo. In effetti, non sono gli spazi a essersi ristretti, siamo noi a essere cresciuti. La sonnambula di Bellini in scena al Teatro dell’Opera di Roma per la regia di Giorgio Barberio Corsetti fa un’operazione inversa: colloca i protagonisti in una stanza con mobili enormi, a creare l’effetto di rimpicciolire gli adulti protagonisti della storia. Con le scene di Cristian Taraborrelli, tutto prende dimensione di una favola in questa “casa di bambola”. E in effetti l’opera del 1831 di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani ha qualcosa di fiabesco che ben si presta alla lettura proposta. I costumi di Angela Buscemi fanno pensare più ad Alice nel paese delle meraviglie che a un paesino svizzero, dove la storia si svolge. L’azione viene accompagnata dalle videoproiezioni di Gianluigi Toccafondo che scorrono sul fondale a mo’ di fumetto, a sottolineare gli stati d’animo dei personaggi. Continua a leggere