Trifonov in trionfo a Roma con Rach3

Un divo strega il pubblico romano. Successo clamoroso per Danil Trifonov ospite dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Non ricordo un tale trionfo nella mia frequentazione più che quindicennale dei concerti dell’istituzione musicale della Capitale. Si è rischiata la standing ovation, con gente balzata in piedi alla fine dell’esecuzione.

 

Il pianista russo si è cimentato con una pietra miliare del repertorio pianistico, il terzo concerto del suo compatriota Sergej Rachmaninoff, una composizione la cui fama travalica la sfera musicale, come testimonia il film Shine, del 1996. Trifonov ha preso di petto l’opera, spianando con grande padronanza tecnica e impavido impeto le ben note difficoltà che la caratterizzano. Il Rach3 richiede al pianista uno sforzo titanico, sia per la lunghezza degli interventi da protagonista, sia per la scrittura temibile. Rachmaninoff era altissimo, con mani molto grandi, cosa che gli permetteva di martellare le ottave con grande facilità per le sue capacità di virtuoso. Il suo giovane connazionale (suddito dello Zar, Rachmaninoff lasciò il Paese natale nel 1918 senza mai più farvi ritorno, diventando cittadino americano) non si fa spaventare dal compito e risolve tutto con sicurezza smagliante: il suono è limpido anche grazie all’uso impeccabile del pedale, talmente pieno da riempire la vasta Sala Santa Cecilia; Trifonov è a suo agio sia nei passaggi virtuosistici sia in quelli lirici e fa cantare la tastiera in modo commovente nel momento decisivo del terzo movimento.

Qualche osservazione su questo pianista 27enne, già consacrato sulla scena internazionale. Nel primo movimento, a tratti sembrava suonare solo per sé. Non che Trifonov abbia mai perso il tempo o il contatto con l’orchestra, ma l’ascoltatore aveva l’impressione di ascoltare due composizioni diverse. Trifonov sta seduto molto vicino alla tastiera, con i gomiti un po’ arretrati rispetto al busto, che sta quasi sempre in verticale; la posizione è un po’ rigida ma le mani volano sulla tastiera. Nei passaggi più coinvolgenti, mentre usa il pedale con il piede destro, arretra il sinistro per darsi slancio, facendo paventare una caduta nel pianoforte. Come unico bis, ha offerto la Gavotta dalla Partita per violino n.3 di Bach nella trascrizione di Rachmaninoff.

 

Si è detto della strana sensazione del solipsismo del solista nel concerto per pianoforte. Da parte sua Antonio Pappano guida l’Orchestra di Santa Cecilia bacchetta in resta (spesso non la impugna) con gran piglio, esaltando le sonorità intense di Rachmaninoff. Ne scaturisce un’esecuzione convincente soprattutto per la compattezza degli archi e l’intervento delle prime parti dei fiati, schierate al gran completo. Da segnalare la purezza dell’intervento del flauto di Adriana Ferreira alla fine della lunga cadenza del primo movimento.

Prima di Rach3, il programma presentava l’Ouverture di Ruslan e Ludmilla di Glinka, un gradevole amuse-bouche prima del concerto per pianoforte. Nella seconda parte, la Sinfonia n.4 di Čajkovskij. Pappano esalta il virtuosismo dei suoi orchestrali con una lettura fresca e positiva. Orchestra in grande spolvero con le prime parti in grande evidenza: del flauto si è già detto, il clarinetto di Alessandro Carbonare, l’oboe di Paolo Pollastri, il fagotto di Francesco Bossone, il corno di Guglielmo Pellarin. Spettacolare anche l’esecuzione del pizzicato degli archi nel terzo movimento. Il programma verrà ripetuto anche in alcune date della tournée asiatica che porterà l’Accademia in Corea del Sud, Taiwan e Cina.

Venerdì 9 novembre 2018
Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Antonio Pappano direttore
Daniil Trifonov pianoforte
* GlinkaRuslan e Ludmilla: Ouverture
* Rachmaninoff Concerto per pianoforte n. 3
* Čajkovskij Sinfonia n. 4

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