La tragedia di una civiltà attraverso la musica
Se le due Guerre Mondiali sono state un tentativo di suicidio dell’Europa, il protagonista ne è stato il mondo tedesco. L’Austria e la Germania hanno partecipato assieme alla dissoluzione di un universo, che ha avuto nel crollo dell’impero asburgico e nel baratro del nazismo i suoi momenti topici. Essendo una delle colonne portanti della cultura tedesca, la musica non poteva restare estranea al collasso di una civiltà.
Il concerto proposto dalla stagione da camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia mercoledì 21 febbraio ci ha portati nel cuore di quel periodo. Si è trattato di un viaggio a ritroso nel tempo. Di Richard Strauss i primi brani: il Sestetto introduttivo a Capriccio, l’ultima opera lirica del compositore tedesco, datata 1942; e Metamorphosen, scritto nel 1945. Nella seconda parte, Verklärte Nacht, di Arnold Schönberg, partitura del 1899, ma eseguita la prima volta nel 1902. In pratica, à reboursdalla caduta del nazismo a un “ragazzo del ’99.
Sul palco della Sala Sinopoli, il Sestetto Stradivari dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (www.sestettostradivari.com), composto da David Romano e Marlène Prodigo, violini, Raffaele Mallozzi e David Bursack, viole, Diego Romano e Sara Gentile, violoncelli, con l’intervento del contrabbasso di Antonio Sciancalepore in Metamorphosen. L’esecuzione è stata emozionante e coinvolgente: attacchi precisi, colori densi e morbidi, dinamiche accurate. Ne è risultato un impasto di suono caldo ed equilibrato che ha riscosso il giusto e meritato successo.
Tornando al programma, procedo qui in ordine cronologico.
La trasfigurazione di Schönberg
La Notte trasfigurata è la prima importante opera strumentale di Schönberg, che la compose a venticinque anni, la numero 4 del suo catalogo. Ebbe anche una trascrizione per orchestra d’archi nel 1917, rivista nel 1943. Si ispira a una poesia del poeta tedesco Richard Dehmel (1863-1920), tratta dalla raccolta Weib und Welt del 1896 (in fondo al testo la traduzione tratta dal programma di sala). La poesia tratteggia l’incontro notturno, in un bosco, tra una donna e un uomo; lei è incinta di un altro, lui accetta di considerare proprio il figlio. Di Dehmel non ho trovato nulla in italiano, ma si tratta di un autore apprezzatissimo nel suo tempo. Anche Richard Strauss utilizzò i suoi versi per dodici Lieder, composti tra il 1896 e il 1901. E anche Hans Pfizner, Artur Schnabel, Anton Webern, Alexander Zemlinsky e Jean Sibelius misero in musica poesie di Dehmel.

Arnold Schönberg
Schönberg si affida solamente a un sestetto d’archi. Ne esce una musica intensa, avvolgente, carnale, erotica, come del resto traspare dal testo ispiratore. Siamo nella temperie della Grande Vienna, alla vigilia della Finis Austriæ. Per intenderci, un mondo che stava producendo la psicanalisi di Siegmund Freud, i quadri di Gustav Klimt ed Egon Schiele, i romanzi di Joseph Roth e Stefan Zweig, gli aforismi di Karl Krauss, ma anche la “rivoluzione copernicana” impressa alla teoria economica dalla Scuola austriaca di Carl Menger, Ludwig von Mises e Friedrich August von Hayek, e il dibattito nella filosofia della scienza tra il positivismo logico del Circolo di Vienna di Moritz Schlick, Rudolf Carnap e Otto Neurath, e il fallibilismo di Karl Popper. E, per tornare in campo musicale, le sinfonie di Gustav Mahler e la svolta della Scuola di Vienna dello stesso Schönberg e dei suoi discepoli Anton Webern e Alban Berg. Un universo di creatività travolto dal gorgo della Grande Guerra e spazzato via dall’avvento del nazismo antisemita (molti degli intellettuali nominati, tra cui Schönberg che riparò negli Stati Uniti, erano ebrei).
La trasformazione di Strauss
Le composizioni di Richard Strauss ci portano direttamente alla Seconda Guerra Mondiale. Capriccio è del 1942, ma non risente del clima bellico: è una commedia ambientata nel ’700 francese; vi si parla di amore, poesia e musica. Il Sestetto è un brano eseguito sul palco da musicisti che lo stanno provando in casa della contessa Madeleine, il personaggio al centro della contesa amorosa tra il poeta Olivier e il musicista Flamand.

Richard Strauss
Di tutt’altra ispirazione Metamorphosen, composto nell’aprile 1945 mentre si sta concludendo la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di uno studio per 23 archi solisti (10 violini, 5 viole, 5 violoncelli e 3 contrabbassi), articolato in quattro movimenti: Adagio ma non troppo; Agitato; Adagio ma non troppo; Molto lento. Difficile trovare nella storia della musica una composizione altrettanto dolente. L’ottantunenne Strauss, al crepuscolo della sua vita, piange la fine di un mondo: Metamorfosi è la sua Pietà.

Dresda bombardata
La sua Germania è distrutta dopo aver distrutto l’Europa. Metamorfosi è un fiore sulle rovine. Strauss è testimone della Finis Germaniæ, ma poi nel 1948 scrive i Vier letzte Lieder, quasi a smentire ante litteram l’Adorno dell’impossibilità di scrivere poesie dopo Auschwitz.
Trasfigurazione e trasformazione
La tragedia del mondo tedesco è stata la tragedia dell’Europa. Nel campo delle scienze sociali, due studiosi sopra nominati si sono interrogati su come era stato possibile che il popolo più colto del continente, che aveva espresso Goethe e Beethoven, Schiller e Heine, si fosse macchiato di una colpa così grave. Mises con Lo Stato onnipotente (1944) e Popper con La società aperta e i suoi nemici (1945) vedono nell’avvento del nazionalismo e nell’abbandono delle politiche liberali da parte delle classi dirigenti la causa remota del disastro.
Anche la musica ci aiuta a capire. Prima della Grande Guerra, Schönberg ci dà un messaggio di conciliazione nel segno dell’amore tra un uomo e una donna (lo ha ben sottolineato il violinista David Romano alla fine del concerto). Al termine della Seconda Guerra Mondiale, Strauss ci lascia un’eredità di bellezza struggente. La notte del musicista austriaco si trasfigura per mezzo dell’eros, l’autore di Metamorfosi trasforma la distruzione del suo mondo in un capolavoro dolente che tiene viva la fiamma della creatività.
Richard Dehmel
Notte trasfigurata
Due persone vanno per un boschetto spoglio, freddo;
la luna li segue, essi la guardano fissi.
La luna splende sopra le alte querce,
nessuna nube offusca la luce celeste,
fin dove arrivano le cime nere.
La voce di una donna parla:
Io porto un figlio che non è tuo,
cammino nel peccato accanto a te.
Contro me stessa ho gravemente peccato.
Non credevo più alla felicità,
e tuttavia desideravo ardentemente
uno scopo nella vita, la gioia d’esser madre
e una mèta; così mi son fatta sfrontata,
e rabbrividendo ho lasciato che il mio sesso
fosse avvolto in un amplesso da un estraneo,
e me ne sono sentita benedetta.
Ora la vita si è vendicata:
ora ho incontrato te, ho incontrato te.
Ella cammina con passo vacillante.
Guarda in alto; la luna la segue.
Il suo sguardo buio annega nella luce.
La voce di un uomo risponde:
Il figlio che hai concepito
non sia di peso all’anima tua:
guarda com’è chiaro e lucente l’universo!
Ovunque intorno tutto è splendore,
tu avanzi con me su un mare freddo,
ma un calore singolare sfavilla
da te entro me, da me entro te.
Esso trasfigurerà il bambino estraneo,
ma tu lo partorirai a me, da me;
tu mi hai dato questo fulgore,
tu hai trasformato anche me in un bambino.
Egli l’avvince intorno ai fianchi forti.
I loro respiri si congiungono in un bacio.
Due persone vanno nella notte alta, chiara.
(traduzione di Sergio Sablich)