Dal Venezuela per la libertà, nel nome di Beethoven: intervista a Gustavo Dudamel

Questa volta l’Ascoltatore ha un ospite. In occasione della chiusura della stagione sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia, sono andato a intervistare Gustavo Dudamel durante le prove del concerto tutto dedicato a Beethoven, che da sabato a lunedì scorsi ha suscitato tanto entusiasmo nel pubblico romano e non solo.

Un Beethoven vitalistico

Sabato mattina ho assistito a parte dell’ultima prova, ascoltando il finale della Quarta Sinfonia e quasi tutta la Settima, poiché il direttore d’orchestra ha interrotto l’esecuzione a metà dell’ultimo movimento. Purtroppo mi sono perso la prova dell’Ouverture dell’Egmont, primo pezzo in programma, per il quale ho più che un debole.

Dopo la prova, ho avuto la possibilità di intervistare Dudamel in camerino. Il 38enne direttore venezuelano è stato molto gentile e disponibile, pur nella strettezza dei tempi dettati dall’incombere del debutto pomeridiano alle 18. Qui il servizio andato in onda:

In prova, Dudamel è molto disteso e interagisce con gli orchestrali in modo amichevole. Si esprime in italiano e inglese, curando le dinamiche, soprattutto per evitare dei crescendo spontanei; molta attenzione anche alle indicazioni espressive: a un certo punto ha ricordato al flauto che in un passaggio della Settima Beethoven scrive dolce… Si respira un clima di grande fiducia e collaborazione e la prova finisce con strette di mano e abbracci.

Ho poi assistito al concerto della domenica sera, aperto dall’Egmont. Eroe della libertà delle Fiandre, fu decapitato dagli spagnoli nel 1568 a Bruxelles. Beethoven compose le musiche di scena per la tragedia di Goethe; l’Ouverture è una delle cose più strepitose scritte dal gigante di Bonn: Egmont viene celebrato, non con una marcia funebre, ma con un finale trionfale, a significare che la morte per la libertà è una vittoria. Dudamel trascina l’orchestra di Santa Cecilia su ritmi vorticosi fino all’esplosione finale degli ottoni e alle note dell’ottavino.

La Quarta è stata affrontata sottolineando molto la cantabilità dei temi e l’espressività gioiosa di molti passaggi, che ne fanno un pagina luminosa, tra i tormenti dell’Eroica e la titanica assertività della Quinta. Le prime parti dei fiati si disimpegnano molto bene nei numerosi interventi richiesti, soprattutto il fagotto, chiamato a un tour de force nel finale. Qualche incertezza negli attacchi si è avvertita, ma nel complesso tutto è filato liscio.

Trionfale l’accoglienza del pubblico per la Settima Sinfonia, che ha monopolizzato la seconda parte del programma. Dudamel stacca tempi incalzanti e l’orchestra lo segue nel virtuosismo ritmico imposto da questa straordinaria pagina beethoveniana, dove l’invenzione principale non è né armonica né motivica, ma sta nel pulsare incessante del ritmo, che fa assumere anche ai timpani un ruolo centrale. Tutti i settori dell’orchestra appaiono pienamente in consonanza con le intenzioni del direttore che li trascina in un’esecuzione davvero memorabile (anche se nel cuore porto ancora quella di Manfred Honeck un paio di anni fa).

Dudamel ha un gesto molto elegante, che ricorda sia quello del suo mentore Claudio Abbado, sia quello leggero di Carlos Kleiber. L’idea di musica è la medesima di questi due grandi direttori, un inno alla vita e alla gioia. Dudamel non è quasi mai speculare con le due braccia e usa molto anche il sinistro per gli attacchi; l’espressività è ricercata anche con i movimenti del corpo e con la mimica facciale; la bacchetta è precisissima nelle indicazioni ritmiche, per le quali il direttore venezuelano utilizza anche i movimenti del capo. Successo epocale.

Domenica 16 giugno 2019
Auditorium Parco della Musica, Roma
Sala Santa Cecilia
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Gustavo Dudamel direttore
Beethoven Egmont, Ouverture
Sinfonia n.4
Sinfonia n.7

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