Gioacchino Rossini rappresentò la prima di La Cenerentola al Teatro Valle di Roma il 25 gennaio del 1817, un anno dopo il burrascoso debutto (e seguente successo) de Il Barbiere di Sivigliaall’Argentina. Il libretto di Jacopo Ferretti è tratto dalla favola di Perrault e dal libretto che Charles-Guillaume Étienne scrisse per la Cendrillon di Nicolas Isouard del 1810. Rispetto alla favola comunemente conosciuta, l’opera rossiniana non prevede scarpetta e fuga di mezzanotte, fata e zucca trasformata in carrozza. Al Teatro dell’Opera di Roma si è vista una ripresa della versione secondo Emma Dante, con la direzione musicale di Stefano Montanari.
La bontà in trionfo
C’è un Alidoro – filosofo e maestro del principe di Salerno Don Ramiro – in versione di deus ex machina che va in cerca di una moglie per il suo nobile discepolo; ne scaturisce l’idea di scambiare i ruoli tra il principe e il cameriere Dandini, per saggiare la sincerità dell’interesse delle fanciulle da marito. Nella casa di Don Magnifico, Angelina è l’unica a fare la carità ad Alidoro travestito da mendicante; e anche l’unica a innamorarsi a prima vista (ricambiata) del principe in veste di cameriere e non del contrario, come invece fanno le sorellastre Tisbe e Clorinda (le tre hanno la stessa madre, rimasta vedova dopo la nascita di Angelina e risposatasi con Don Magnifico, padre delle altre due: il padrone di casa dilapida – a insaputa dell’interessata – il patrimonio della figliastra, che tratta da serva, per far condurre un elevato tenore di vita alle proprie figliole).
Da qui tutti gli equivoci del caso, con il cameriere travestito da principe fatto oggetto di ogni adulazione da parte di Don Magnifico e di tentativi di seduzione da parte di Tisbe e Clorinda. Mentre Don Ramiro e Angelina si innamorano, con il principe più consapevole dei ruoli sociali della povera Cenerentola: la ragazza infatti resiste alle lusinghe di Dandini, confessando il suo amore per il cameriere, che ascolta tutto di nascosto. Nella versione di Ferretti e Rossini, è Angelina a dare a Ramiro un braccialetto, con l’invito a cercarla per restituirglielo.
Ovviamente, l’intreccio va verso il lieto fine, in cui non solo è l’amore che vince e il male che perde (come dice un personaggio di Verdone) ma anche la bontà ottiene il suo trionfo, secondo il sottotitolo dell’opera. Infatti, Cenerentola-Angelina, una volta impalmato il principe palesatosi in quanto tale, concede il perdono alle sorellastre e al patrigno, sottraendoli alla punizione del marito. Una scena finale che potrebbe ricordare il perdono concesso dalla Contessa al Conte nelle Nozze di Figaro.
La regia di Emma Dante (di cui abbiamo appena visto L’angelo di fuoco di Prokofiev) ci porta nel mondo delle favole, con uno stuolo di personaggi meccanici caricati a molla, con tanto di chiavetta nella schiena; questi pupazzi riempiono il palcoscenico, facendo da contorno ai ruoli cantati
I costumi di Vanessa Sannino strizzano l’occhio a molti film e cartoni animati tratti da favole, come Alice nel paese delle meraviglie o La bella e la bestia; molto carina l’idea del costume indossato da Cenerentola al ballo, con tanto di orologio che segna quasi mezzanotte. Essenziali le scene di Carmine Maringola: domina il bianco e sono le luci di Cristian Zucaro a cambiare le atmosfere.
Molto efficace Teresa Iervolino nel ruolo del titolo: ha una voce importante e la usa con grande padronanza tecnica, anche nelle agilità dell’aria finale; la recitazione non è molto disinvolta, ma la presenza scenica c’è. Meno bene Maxim Mironov come Don Ramiro, ruolo che ha cantato più di trecento volte: il Costanzi è teatro molto vasto e il tenore russo non ha i decibel per riempirlo, impegnato com’è a non farsi coprire dall’orchestra. Ottime le voci maschili gravi. Carlo Lepore è un baritono buffo nella tradizione di Enzo Dara e dà corpo e voce a un Don Magnifico che sembra il Don Bartolo del Barbiere. Vito Priante è una sicurezza nei panni di Dandini: emissione piena, recitazione perfetta. Bella voce quella del basso Adrian Sâmpetrean come Alidoro, ben portato grazie al physique du rôle. Bene anche le sorellastre di Angelina, la Clorinda di Rafaela Albuquerque e la Tisbe di Sara Rocchi.
Stefano Montanari – già apprezzato nel 2017 nel rossiniano Viaggio a Reims e l’anno scorso nelle Nozze di Figaro di Mozart – dirige con buon piglio, staccando tempi veloci che però non mettono in difficoltà la compagnia di canto, anche se forse qualcosa si perde nei concertati. Con il clavicembalo sotto il podio, Montanari dispone l’orchestra in modo “sinfonico”, con le quattro coppie dei fiati (e l’ottavino) di fronte a lui, i violini davanti e alla sua sinistra, gli archi gravi (sei viole, quattro violoncelli e tre contrabbassi) e gli ottoni alla sua destra. Con il consueto abbigliamento dark, Montanari passa al clavicembalo mettendo la bacchetta tra i denti o infilandosela nella collottola. Dal podio, il suo gesto è molto chiaro e ampio e l’orchestra lo segue alla perfezione, stagliando dinamiche ben definite e colori sgargianti, come i costumi dei personaggi. Sempre divertente da vedere l’impeccabile ottavino Lorenzo Marruchi, che sembra ballare sulla sedia. Caloroso successo di pubblico.
Cenerentola
Dramma giocoso in due atti
Musica di Gioachino Rossini
Libretto di Jacopo Ferretti
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Stefano Montanari
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Movimenti coreografici Manuela Lo Sicco
Luci Cristian Zucaro
Principali interpreti
Don Ramiro Maxim Mironov
Dandini Vito Priante
Don Magnifico Carlo Lepore
Clorinda Rafaela Albuquerque *
Tisbe Sara Rocchi *
Angelina Teresa Iervolino
Alidoro Adrian Sâmpetrean
* dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Allestimento Teatro dell’Opera di Roma