Compositori tra noi

Non è consueto incontrare i compositori all’esecuzione delle loro musiche. L’Ascoltatore è riuscito a vederne quattro in altrettanti concerti. Impresa non comune. Per la stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Ivan Fedele ha proposto la prima assoluta di una nuova commissione dell’istituzione romana. Ennio Morricone è stato premiato con la Medaglia d’Oro del Pontificato di Papa Francesco in Sant’Agnese in Agone. Una composizione per pianoforte di Aldo Brizzi era in programma alla Fondazione Scelsi. Infine, Matteo D’Amico ha tenuto a battesimo un suo quartetto d’archi per l’Istituzione Universitaria dei Concerti. Andiamo a ritroso.

Il quartetto è vivo e lotta insieme a noi

Nell’Aula Magna della Sapienza, il quartetto d’archi è di casa. La IUC continua la meritoria opera di dare spazio a questa classicissima formazione. Gli ultimi a salire sul palco dominato dall’affresco di Sironi sono stati i componenti del Quartetto Prometeo: Giulio Rovighi e Aldo Campagnari violini, Danusha Waskiewicz (che lo scorso settembre ha rilevato Massimo Piva) viola e Francesco Dillon violoncello. Di grande interesse il programma presentato, che abbraccia tre secoli. In apertura il Quartetto op.3 di Berg, in due movimenti: Langsam (Lento) e Mäßige Viertel (Moderato); il compositore austriaco lo scrisse nel 1910 e lo rivide per una nuova esecuzione a Salisburgo nel 1923. Della triade della Scuola di Vienna, Berg è il più lirico (il più ascoltabile, si potrebbe dire). Anche questo Quartetto regala momenti di Sehnsucht mahleriana (Berg aveva un’autentica venerazione per l’autore del Titano) che i quattro musicisti rendono con grande trasporto.

Il secondo pezzo in programma era in prima assoluta: Scènes d’Hérodiade che Matteo D’amico ha tratto dall’opera di una vita ma incompiuta di Stéphane Mallarmé. La figura di Erodiade ha trovato ampio spazio in musica, dando il titolo a un’opera lirica di Massenet e a un balletto di Hindemith, e diventando personaggio nella Salome di Richard Strauss. Il Quartetto di D’amico (cui ho avuto modo di stringere la mano prima del concerto: il primo compositore visto) è articolato in tre movimenti: Comodo. Misurato; Allegretto scherzando; Scorrevole. Anche se a un primo ascolto non è facile esprimere un giudizio ponderato, si tratta di un lavoro gradevole e scritto con raffinatezza, che fa rincorrere gli strumenti in una serie di canoni, soprattutto nel primo e nel terzo movimento, senza tralasciare momenti ritmicamente incalzanti e altri più cantabili. Il Quartetto Prometeo aveva già dato i natali a un’opera del compositore romano nel 2015: Umana Passione. Una collaborazione che c’è da augurarsi possa proseguire.

La seconda parte del concerto era monopolizzata da uno dei monumenti del genere: l’ultimo dei 15 quartetti di Schubert, datato 1826-1828, imponente già per la durata, una quarantina di minuti. I musicisti sul palco hanno dato fondo a tutta la loro energia per venire a capo di una partitura impervia e densa, che hanno risolto con grande sicurezza tecnica (soprattutto nei passaggi all’unisono) ed efficacia espressiva: le dinamiche e i colori vengono esaltati in un’interpretazione davvero entusiasmante, che ha riscosso il giusto apprezzamento del pubblico.

Due i bis: la Ciaccona del seicentista Tarquinio Merula e la canzone messicana Sanduga nella trascrizione di Stefano Scodanibbio.

Scelsi e altri per pianoforte

Musica dell’ultimo cinquantennio alla Fondazione Isabella Scelsi, nella magnifica sede a ridosso del Foro Romano. Ospite della presidente Irmela Heimbächer e del direttore scientifico Alessandra Carlotta Pellegrini, la pianista Silvia Belfiore, che ha presentato il suo ultimo cd, Contemporary Piano Works, pubblicato da Da Vinci. Sullo strumento di Giacinto Scelsi, la pianista ha eseguito alcuni brani dal disco, esordendo però con uno non compreso: Seconda visione (da Darshan) di Nicola Cisternino, del 2002, in cui il pianoforte diventa strumento totale, con le mani e le bacchette che vanno a percuotere le corde all’interno della cassa armonica; l’atmosfera tibetana della composizione è evocata dai piccoli gong che vengono suonati in testa e in coda al pezzo. (Nel cd, di Cisternino figura Pianopiano. Omaggio a Joseph Beuys). A seguire, un interessante Preludio inedito di Scelsi, la cui partitura il compositore regalò a Belfiore quando frequentava la sua dimora romana e che poi la pianista ha donato alla Fondazione. È un prezzo breve, di poco superiore ai 3’ che non presenta grandi escursioni dinamiche, anche se risuonano note basse con pedale che intervengono ad accompagnare la linea che forse non può definirsi melodica, ma che ha comunque una sua delicatezza. A seguire, Giuliana Angela, omaggio del 2001 di Aldo Brizzi alla madre; e qui scatta l’incontro con il secondo compositore, essendo l’autore seduto accanto a me nella piccola sala da concerto della Fondazione: stretta di mano sincera perché il brano è molto sentito e anche commovente.

Si entra poi in qualcosa di diverso con il resto del programma. Di Ernst Helmuth Flammer, Klavierstuck IV “Ut moriens viveret vixit ut moriturus” del 1994; pezzo non facile, soprattutto a un primo ascolto. Stessa cosa per la Sonata n.1 “Cradle to Abysses” di Horatiu Radulescu, del 1968, nei due tempi Giusto fluente e Allegro. Silvia Belfiore ha compiuto un viaggio a ritroso nel tempo (con la parentesi del Preludio di Scelsi) che fa pensare a come la musica contemporanea abbia abbandonato una certa ricerca del suono “diverso” per tornare a qualcosa di più ascoltabile.

La mission di Bach

Prima del recital pianistico a casa Scelsi, l’Ascoltatore si era deliziato con la Passione secondo Giovanni di Bach in Sant’Agnese in Agone. Fabio Maestri ha guidato l’Orchestra Barocca InCanto, il Coro Armerina (maestro Gabriele Catalucci) e il Coro da Camera Canticum Novum (maestro Fabio Ciofini) e la compagnia dei solisti nell’esecuzione di questo monumento della musica e della cultura europee. Nell’occasione, Ennio Morricone ha ricevuto dal Cardinal Ravasi la Medaglia d’Oro del Pontificato di Papa Francesco, “per il suo straordinario impegno artistico, che ha avuto anche aspetti di natura religiosa”. La consegna tra la prima e la seconda parte della Passione. Prima dell’inizio del concerto, Morricone è stato omaggiato anche dai musicisti, con l’esecuzione di Gabriel’s oboe, da Mission, forse il suo brano più stupefacente.

La Passione secondo Giovanni è stata affrontata da Maestri con grande umiltà, che gli ha permesso di conseguire un risultato apprezzabile. L’acustica della splendida chiesa a pianta circolare del Borromini non ha aiutato, penalizzando l’orchestra più del coro. Note liete dai solisti: l’Evangelista del tenore Carlo Putelli e il Cristo del basso Dario Ciotoli si segnalano per il bel timbro e la chiarezza di dizione, con una pronuncia più che buona del tedesco. Bene anche il soprano Patrizia Poli, il contralto Elisabetta Pallucchi, il tenore Roberto Mattioni e il basso Federico Benetti nelle arie di competenza.

Un Fedele tra i russi

E dopo (anzi, prima di) Morricone, siamo al quarto compositore incrociato a uno spettacolo. Parliamo di Ivan Fedele che ha assistito alla prima esecuzione del suo Lexikon III commissionato dall’Accademia di Santa Cecilia. Il brano del compositore pugliese di nascita e milanese di formazione ha aperto la serata guidata dal podio da Stanislav Kochanovsky, dedicata poi alla musica russa. Lexikon III di Fedele è un lavoro ambizioso per grande orchestra, che viene fatta “suonare” in modo convincente in tutti i suoi settori, campionatore compreso; è diviso in due parti, con i numeri 5. Molteplicità e 6. Coerenza. L’opera, infatti, è la conclusione di un percorso iniziato nel 2017, con le prime due coppie del ciclo: 1. Leggerezza 2. Rapidità, e 3. Esattezza 4. Visibilità. L’accoglienza del pubblico romano è stata calda, e il compositore ha ringraziato più volte dal palco assieme al direttore russo (in platea era seduto nella mia stessa fila).

Russia protagonista, infatti. Kochanovsky ha portato in prima esecuzione a Roma un lavoro per coro e orchestra di Sergej Taneyev. Questo Giovanni di Damasco è l’op.1 di un allievo di Čajkovkij, datata 1884. L’oratorio è molto bello e il Coro istruito da Ciro Visco si è disimpegnato con la solita grande bravura.

Nella seconda parte, Benedetto Lupo ha eseguito il concerto per pianoforte di Skrjabin. Come bis, un preludio dello stesso compositore. Lupo è un pianista di solida formazione che va al sodo dell’interpretazione. Suona molto composto e con le mani domina la tastiera con grande disinvoltura, rendendo le iridescenze di Skrjabin con grande efficacia

Finale coi fuochi d’artificio: la Suite da L’uccello di fuoco di Stravinskij, balletto del 1910, riorchestrato come suite sinfonica nel 1919, qui proposta nell’ulteriore versione del 1945. Kochanovsky ha guidato l’Orchestra di Santa Cecilia con grande vigore, esaltandone le capacità virtuosistiche richieste da una partitura che ha segnato profondamente la musica del Novecento. Grande compattezza negli archi, ottoni e corni smaglianti, legni sempre precisissimi, percussioni infallibili: l’Orchestra romana è una compagine di primissimo piano che può affrontare con grande sicurezza qualunque repertorio.

Venerdì 12 aprile 2019, ore 20,30

Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Stanislav Kochanovsky direttore

Benedetto Lupo pianoforte

Ivan Fedele Lexikon III (nuova commissione dell’Accademia)

Sergej Taneyev Giovanni di Damasco (prima esecuzione a Roma)

Aleksandr Skrjabin Concerto per pianoforte

Igor Stravinskij L’uccello di fuoco: Suite (1945)

 

Lunedì 15 aprile 2019, ore 18

Sant’Agnese in Agone

Johann Sebastian Bach Passione secondo Giovanni

Orchestra e Coro InCanto, Corale Armerina, Coro da Camera Canticum Novum

Fabio Maestri direttore

Carlo Putelli tenore Evangelista

Dario Ciotoli basso Cristo

Patrizia Polia soprano

Elisabetta Pallucchi contralto

Roberto Mattioni tenore

Federico Benetti basso

 

Lunedì 15 aprile 2019, ore 20,30

Fondazione Isabella Scelsi

Silvia Belfiore pianoforte

Nicola Cisternino Seconda visione (da Darshan) 2002

Giacinto Scelsi Preludio inedito

Aldo Brizzi Giuliana Angela 2001

Ernst Helmuth Flammer Klavierstuck IV “Ut moriens viveret vixit ut moriturus” 1994

Horatiu Radulescu Sonata n.1 op. 5 “Cradle to Abysses” 1968

 

Martedì 16 aprile 2019, ore 20,30

Sapienza

Alban Berg Quartetto op. 3

Matteo D’Amico Scène d’Hérodiade (2018) prima esecuzione assoluta

Franz Schubert Quartetto n. 15 in sol maggiore op. 161

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