Il grande Ludovico van

Sempre Beethoven. Il più classico dei classici. Una delle grandi vette della storia della musica. Fonte inesauribile di emozioni per chi lo esegue e per chi lo ascolta. L’Ascoltatore dilettante lo ha ascoltato come compositore di musica per pianoforte e di musica sinfonica. Questi i resoconti di due concerti che non si potevano né dovevano perdere.

Beethoven e il suo doppio
Dietro un programma c’è sempre un’idea. Se il concerto non è “monografico”, l’accostamento tra autori e brani scelti segue di solito un filo conduttore. Herbert Schuch (http://www.herbertschuch.com/en/home-2/) per il suo recital per l’Istituzione Universitaria dei Concerti ha scelto di concentrarsi su Beethoven, ma con un accostamento particolare: le 11 bagatelli dell’op. 119 del gigante di Bonn sono state alternate agli 11 brani della Musica ricercata di György Ligeti. Un connubio interessantissimo tra composizioni separate da 130 anni, ma unite dalla ricerca delle possibilità espressive del pianoforte.

 Beethoven compose tre serie di Bagatelle: op. 33, op. 119 e op. 126. Quella eseguita da Schuch fu composta in due momenti diversi: le prime cinque tra gli anni ’90 del Settecento e il 1803, le ultime cinque dopo il 1820, pubblicandole l’anno seguente. Nel 1822, il compositore rivide le prime cinque e ne compose un’altra nuova. Spedì il tutto a un editore inglese, il quale autonomamente pubblicò le 11 bagatelle tutte assieme; la cosa non spiacque per nulla al diretto interessato.
Dal 1951 al 1953, Ligeti intraprese la composizione di brani per pianoforte con l’intenzione di superare la sua fase bartokiana. Ne nacque questa raccolta di Musica ricercata, che non fu eseguita in pubblico prima del 1969. Sua particolarità, esser composto il primo brano su due note (un la e un re), il secondo su tre, il terzo su quattro ecc. fino all’undicesimo che utilizza tutti e dodici i toni della scala cromatica. Soprattutto nei primi, Ligeti gioca tutto su ritmo, dinamiche e colori. Una sfida vinta da tutti i punti di vista, che fanno di Musica ricercata un punto nodale del pianismo del Novecento.

 Schuch ha ricavato il seguente programma (Ligeti in numeri romani, Beethoven in numeri arabi):

I. Sostenuto – Misurato – Prestissimo
1. Allegretto
II. Mesto, rigido e cerimoniale
2. Andante con moto
III. Allegro con spirito
3. A l’Allemande
IV. Tempo di valse (poco vivace – « à l’orgue de Barbarie »)
4. Andante cantabile
V. Rubato. Lamentoso
5. Risoluto
VI. Allegro molto capriccioso
6. Andante – Allegretto
VII. Cantabile, molto legato
7. Allegro, ma non troppo
VIII. Vivace. Energico
8. Moderato cantabile
IX. (Béla Bartók in Memoriam) Adagio. Mesto – Allegro maestoso
9. Vivace moderato
X. Vivace. Capriccioso
10. Allegramente
XI. (Omaggio a Girolamo Frescobaldi) Andante misurato e tranquillo
11. Andante ma non troppo

Le Bagatelle sono frammenti, idee lanciate senza prendere forma compiuta, sprazzi di genialità, che non hanno trovato posto in altre composizioni. Ligeti esplora le capacità espressive del suono tramite il pianoforte cento e passa anni dopo. L’accostamento risulta una delizia per le orecchie. Schuch affronta queste ventidue gemme dando sfoggio di grande padronanza della tastiera da un punto di vista tecnico, controllando le dinamiche con grande attenzione e dipingendo colori diversissimi. Ne scaturisce un suono pieno e coinvolgente, premiato dallo scoppio di applausi alla fine di questa prima parte del concerto.

 Nella seconda parte, Schuch ha eseguito prima la Sonata n. 6 poi la Sonata n. 21 del suo amato Beethoven. Sinteticamente, se la prima è l’opera di un genio, l’“Aurora” è di Beethoven… La Sonata “Waldstein” (dal nome del dedicatario) crea un mondo sonoro tutto personale di fronte al quale non si può che provare ammirazione. Schuch affronta entrambi i lavori con grande scioltezza, rendendo il suono “salottiero” della Sonata in fa maggiore e scavando a fondo le dinamiche e le raffinatezze espressive di quella in do maggiore. Il pubblico lo ha premiato il pianista con numerose chiamate. Due i bis concessi: la trascrizione della “Campanella” di Paganini di Liszt e il Corale “Ich ruf zu Dir, Herr Jesu Christ” BWV 639 di Bach, nella trascrizione di Busoni.

Ligeti e Beethoven al cinema
Il secondo brano di Musica ricercata di Ligeti – “Mesto, rigido e cerimoniale” – ha ottenuto una sua notorietà per essere stato impiegato da Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut (1999), suonato dal nipote Dominic Harlan. Il regista americano ha usato più volte la musica di Ligeti: in 2001: Odissea nello spazio (1968) il “Kyrie” dal Requiem, Lux Æterna, Atmosphères e una versione alterata elettronicamente di Aventures; in The Shining (1980) ha fatto ricorso a Lontano. Amante della musica classica, in Arancia meccanica (1971) Kubrick ha impiegato, tra le altre cose, la Nona di Beethoven, per la precisione il secondo e il quarto movimento, sia nella versione orginale sia in quella arrangiata elettronicamente da Wendy Carlos. Ecco che l’amore per il compositore ungherese e il grande Ludovico van (come lo chiama il protagonista di Arancia meccanica) ha una bella rispondenza anche sul grande schermo. E questo ci consente di parlare di un altro concerto.

Una Nona tutta gioia
Entusiasmo per la Nona di Beethoven diretta da Kiril Petrenko con i complessi dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Pubblico delle grandi occasioni all’Auditorium Parco della Musica per il ritorno del direttore russo che sta per prendere la guida dei Berliner Philharmoniker.
Si è trattato di un concerto memorabile. Il direttore russo ha le idee molto chiare e sa trasmetterle agli esecutori. La “sua” Nona è magmatica e iridescente. Sin dall’attacco del primo movimento si percepisce una tensione che esplode nel crescendo condotto in modo implacabile. Lo Scherzo è incalzante, con i continui rimandi tra archi, legni e timpani sbalzati con grande sicurezza. L’Adagio molto e cantabile e l’Andante moderato vengono delibati con grande dolcezza e suono pastoso, soprattutto negli archi, coinvolgendo gli ottoni in un pieno orchestrale di grande efficacia timbrica. Il Finale segue senza soluzione di continuità; la “fanfara del terrore”, come la definiva Wagner, è eseguita in modo frenetico, spezzata a effetto dalla riproposizione dei temi dei primi tre movimenti. Il tema della gioia parte dagli archi gravi che la enunciano con un legato struggente; l’ingresso di viole e poi violini, con il contrappunto del fagotto e degli altri legni costuisce un lentissimo crescendo che eplode nel tutti trionfale. Con l’ingresso del baritono si percepisce come Beethoven ci mette di fronte a una svolta nella storia della musica, e forse non solo di quella: la voce prorompe nel mondo strumentale della sinfonia e apre orizzonti sconfinati. Hanno Müller-Brachmann si muove molto mentre canta e trasmette l’elettricità del momento: Freunde e Freude, amici e gioia, introducono tutta la positività vitalistica di Beethoven, che sui versi di Schiller compone il suo inno alla fratellanza umana. Il tenore Benjamin Bruns non è forse eroico abbastanza per il suo episodio alla marcia turca, ma il timbro è gradevole e chiaro. Bene le due voci femminili, il soprano Hanna-Elisabeth Müller e il contratolo Okka von der Damerau.
L’Orchestra ha seguito alla perfezione il direttore, nelle scelte agogiche, nelle dinamiche e nei colori, mettendo in risalto tutte le meraviglie di questa partitura così mitizzata da rischiare di essere troppo ascoltata. Ovazioni per le prime parti: Andrea Oliva flauto, Paolo Pollastri oboe, Stefano Novelli clarinetto, Francesco Bossone fagotto, Alessio Allegrini corno, Antonio Catone timpani. Magnifico come sempre il Coro istruito da Ciro Visco: compatto anche nei fortissimo e commovente nel “Seid umschlungen, Millionen!”. Trionfo meritato per tutti.

Venerdì 5 aprile 2019, ore 20,30
Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Kirill Petrenko direttore
Hanna-Elisabeth Müller soprano
Okka von der Damerau contralto
Benjamin Bruns tenore
Hanno Müller-Brachmann basso
Ciro Visco maestro del coro
Beethoven Sinfonia n. 9 “Corale”

Martedì 9 aprile 2019, ore 20,30
Aula Magna dell’Università di Roma “Sapienza”
Herbert Schuch pianoforte
Ligeti Musica ricercata
Beethoven 11 Bagatelle op. 119
– Sonata n. 6 in fa maggiore op. 10 n. 2
– Sonata n. 21 in do maggiore op. 53 “Waldstein”

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *