Francesco De Gregori cantava che «I cavalli a Salò sono morti di noia». Non si annoiano invece gli spettatori del Rigoletto che ha inaugurato la stagione del Teatro dell’Opera di Roma, che ai tempi della Repubblica Sociale Italiana è ambientato. Va di moda il nero nella lirica, come conferma l’Attila che ha aperto alla Scala. Come nei film gli anni ’70, nell’opera il nazismo e il fascismo si prestano a risolvere in modo efficace la messa in scena: danno quel tocco di lugubre e oppressivo che non guasta in una tragedia.
Per un malore di Daniele Gatti, la sera del 6 dicembre la bacchetta è passata nelle mani di Stefano Ranzani che ha condotto in porto la serata con grande professionalità. Rispetto all’inaugurazione ascoltata alla radio, il sostituto ha staccato tempi più tradizionali, come subito mostrato in Questa o quella. L’orchestra ha seguito Ranzani con grande dedizione, sfoderando bei colori e sicurezza di fraseggio. A parte una leggera incertezza in un attacco della tromba nel preludio, ottoni in grande spolvero, molto sicuro l’ottavino, soprattutto nella tempesta. Bene il coro (solo maschile) istruito da Roberto Gabbiani, peraltro non presente ai saluti finali. L’edizione adottata è quella senza le “puntature” di tradizione, cosa che elimina quell’atletismo vocale che peraltro avrebbe stonato con le scelte del regista.
Il personaggio eponimo è interpretato da Roberto Frontali che ha una voce un po’ ingolata, caratteristica accentuata nelle “a” e nelle “o”, non particolarmente gradevoli. Per il resto è un baritono di solida esperienza che dà vita a un buffone cattivo e vendicativo, come lo legge la regia; anche il suo amore paterno è possessivo e oppressivo, in armonia con il clima complessivo della messa in scena. Buona nel complesso l’interpretazione da attore, tanto nel Rigoletto buffone di corte quanto in quello padre occhiuto e vendicativo.
Lisette Oropesa… vale tanto oro quanto pesa. Il soprano americano di origine cubana è una Gilda fresca e ingenua come dev’essere il personaggio, la sua voce è perfettamente adatta alla parte, con la coloratura agile e precisa, come ben si apprezza in Caro nome e in Tutte le feste al tempio. Avevo visto e ascoltato Ismael Jordi in una Lucia di Lammermor cinque anni fa a Parigi e lo ricordavo più squillante; il tenore spagnolo ha una bella voce ma non riempie l’ampio spazio del Costanzi.
Riccardo Zanellato non è forse lo Sparafucile ideale, ma calca la scena con grande presenza e presta al personaggio la sua voce fin troppo nobile. Alisa Kolosova è una Maddalena fisicamente prorompente (e quindi credibile) e vocalmente corretta. Mi è piaciuto molto il Monterone di Carlo Cigni, voce potente in tutti i registri e buona presenza scenica. Tra le beltà, spicca per davvero la Contessa di Ceprano di Nicole Brandolino, voce ben impostata e gradevole
E veniamo a Salò. Daniele Abbado sceglie di trasporre la vicenda nell’Italia della guerra civile. Nel Preludio, Rigoletto viene truccato da buffone, con degli sbaffi rossi in faccia, ma la scena sembra più un interrogatorio della polizia repubblichina. Anche la festa con cui l’opera comincia ha un che di lugubre, da postribolo triste. Più che alla Salò sadica di Pasolini, la messa in scena fa pensare a Mussolini ultimo atto di Lizzani. Le camicie nere e i pantaloni alla zuava non sono caricaturali. I costumi di Francesca Livia Sartori ed Elisabetta Antico sono bellissimi e intonati con una tragedia claustrofobica e notturna. I cortigiani che rapiscono Gilda sembrano usciti da Ossessione di Visconti. Nel terzo atto, Abbado apre la scena e decostruisce la stamberga di Sparafucile, in cui Gilda passeggia per assistere al libertinaggio del Duca. Commovente l’epilogo, drammaturgicamente azzeccato: Gilda si alza dal divano dove è stata adagiata nel sacco, investita da un fascio di luce, quasi fosse un angelo che sta per volare in cielo: muore così in piedi, scomparendo nel buio allo spegnersi del faro che la illumina. Rigoletto resta solo a maledire la maledizione in un quadrato luminoso.
Rigoletto
Opera in tre atti di Francesco Maria Piave, musica di Giuseppe Verdi
Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Stefano Ranzani
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Daniele Abbado
Scene e luci Gianni Carluccio
Costumi Francesca Livia Sartori ed Elisabetta Antico
Movimenti coreografici Simona Bucci
Interpreti
Il Duca di Mantova Ismael Jordi
Rigoletto Roberto Frontali
Gilda Lisette Oropesa
Sparafucile Riccardo Zanellato
Maddalena Alisa Kolosova
Giovanna Irida Dragoti *
Il Conte di Monterone Carlo Cigni
Marullo Alessio Verna
Matteo Borsa Saverio Fiore
Il Conte di Ceprano Daniele Massimi
La Contessa di Ceprano Nicole Brandolino
Usciere di Corte Leo Paul Chiarot
Paggio della Duchessa Michela Nardella
* dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma