Le delizie del violino e della voce

Un ritorno e un debutto. La scena musicale romana ha riabbracciato Maxim Vengerov dopo quattordici anni di assenza e ha accolto per la prima volta Sabine Devieilhe. Il grande violinista russo si è esibito in un concerto da camera per la stagione della Filarmonica Romana al Teatro Argentina, mentre il soprano francese ha deliziato il pubblico di Santa Cecilia interpretando tre arie da concerto di Mozart.

Maxime Vengerov – credits: Max Pucciariello

Sabine Devieilhe credits: Musacchio&Ianniello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uno Stradivari dalla siberia

Grande calore per l’atteso concerto romano di Vengerov, che mancava dalla Capitale da troppo tempo. Accompagnato dall’affascinante pianista Polina Osetinskaya, il violinista siberiano ha presentato un programma impegnativo. La prima parte dedicata interamente a Brahms con le Sonate n.1 op.78 e n.3 op. 108. La seconda iniziava con la Sonata n.2 di Ravel e terminava con due brani di Paganini: il Cantabile op.17 e l’Introduzione e Variazioni su tema “Di tanti palpiti” dal Tancredi di Rossini op.13.

Con il suo Stradivari “Kreutzer” del 1727, Vengerov ha affrontato con generosità ogni nota delle composizioni. Ben affiatato con la gradevole connazionale Osetinskaya, il violinista ha disegnato un Brahms intenso e pure impervio, soprattutto nella Sonata op.108. Di grande raffinatezza le sonorità raveliane, a cui ha contribuito in modo decisivo la pianista russa. Dopo un Paganini elegiaco, il finale del concerto era dedicato al Paganini virtuosistico, con Vengerov impegnato a trarre una cascata di note dal suo magnifico strumento: davvero ragguardevole la sicurezza con la quale ha affrontato i passaggi in cui la mano sinistra pizzicava le corde all’altezza del manico mentre l’archetto le accarezzava vicino al ponticello. Il pubblico ha tributato un trionfo ai due musicisti russi, tanto che Vengerov e Osetinskaya hanno concesso quattro applauditissimi bis: Caprice viennois e Tambourin chinois di Fritz Kreisler, la Danza ungherese n.2 di Brahms e per finire la “Méditation” dalla Thaïs di Massenet. Serata indimenticabile per la chiusura della stagione della Filarmonica Romana all’Argentina.

 

Una regina della coloratura per Mozart

Consacrata in patria per le sue interpretazioni del repertorio barocco e belcantistico, si è esibita per la prima volta a Roma Sabine Devieilhe, nel corso di un concerto sinfonico nella stagione dell’Accademia di Santa Cecilia. Il soprano francese, fasciata in uno sgargiante abito rosso, ha eseguito tre arie da concerto di Mozart, incise nel 2015 in un cd dedicato alle sorelle Weber, moglie e cognate di Wolfgang Amadeus, tutte e tre cantanti. Sul podio dell’orchestra romana, Nicola Luisotti. Dotata di una voce cristallina anche se non grandissima, Devieilhe sfoggia una tecnica perfetta che le permette di affrontare le partiture più ardite soprattutto nel registro acuto, dove si racconta che Aloysa e Josepha Weber (più della signora Mozart, Constanze) eccellessero.

Sabine Devieilhe e Nicola Luisotti

Nella prima aria, “Vorrei spiegarvi oh Dio”, la voce del soprano dialoga con il primo oboe dell’orchestra Francesco Di Rosa in un gioco di rimandi dove emerge il virtuosismo di entrambi. Impegnativa anche “Alcandro, lo confesso – Non sò, d’onde viene”, ma il clou dell’esibizione della Devieilhe è “Popoli di Tessaglia – Io non chiedo eterni dei”, dove il soprano deve raggiungere il sol sovracuto, indicato dai musicologi come la nota più alta scritta per la voce. Dando sfoggio di un’agilità straordinaria, la cantante transalpina deliba nota per nota, fino alla temibile terzina finale, senza dare a vedere il minimo sforzo. La voce è gradevolissima e calda pur nel registro acuto, la dizione perfetta, l’interpretazione coinvolgente e mai sopra le righe. Successo caldissimo da parte del pubblico romano con ripetute chiamate.

Il mini recital di Sabine Devieilhe era incastonato in un programma diretto da Nicola Luisotti  e aperto dall’Ottava sinfonia di Beethoven. Il direttore viareggino ha condotto l’Orchestra di Santa Cecilia con il suo bel gesto pulito: mano destra con bacchetta a scandire il tempo con suddivisioni ben recepite dagli orchestrali, mano sinistra dedicata all’espressione, peraltro molto ben comunicata anche con le espressioni del viso e i movimenti della testa.

Direttore della San Francisco Opera, Luisotti si muove con disinvoltura anche nel repertorio sinfonico. L’Ottava di Beethoven sprizza serenità da tutte le note, con i fiati dell’orchestra in grande evidenza; da segnalare il rotondissimo intervento dei corni nel minuetto. La serata è stata coronata dalla Settima e ultima sinfonia di Prokofiev, anch’essa caratterizzata da un clima positivo e rassicurante, anche se il finale è in piano, al contrario di quello che ci si attenderebbe. Eseguita per la prima volta a Mosca nell’ottobre 1952, rappresenta una specie di testamento del compositore russo, scomparso il 5 marzo dell’anno successivo, lo stesso giorno di Stalin…

Luisotti esalta gli archi di Santa Cecilia nel primo movimento e poi fa scatenare tutti gli elemento dell’organico, allargato all’arpa, al pianoforte e a una folta sezione di percussioni. Ne esce un’esecuzione molto morbida, che predilige i legati e il tono lirico.

 

Haydn, Verdi e Shostakovich

Un programma “spalmato” sugli stessi tre secoli anche per la direttrice cinese di nascita e americana di adozione, Xian Zhang, che è direttore emerito dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, direttore musicale della New Jersey Symphony Orchestra e direttore principale ospite della Bbc National Orchestra del Galles.

Xian Zhang – (credits: Musacchio&Ianniello)

Di statura non elevata, Xian Zhang si fa vedere da tutta l’orchestra con un gesto chiaro ed efficace, molto puntuale nel dare l’attacco alle diverse sezioni, sia col braccio sinistro sia col destro; ne scaturisce un’esecuzione molto precisa ed efficace, con grande equilibrio dei piani sonori. Il programma prevedeva un brano per secolo. La Sinfonia n.102 di Haydn è stata letta con grazia ed eleganza. Di tutt’altra atmosfera il Te Deum, quello dei Quattro pezzi Sacri che Verdi considerava più riuscito.

L’orchestra e il coro (istruito con la consueta maestria da Ciro Visco) hanno ben assecondato la direttrice: smaglianti gli ottoni, tirate a lucido le voci, con l’intervento solistico del soprano Donika Mataj. La seconda parte della serata ci porta nel Novecento russo di Shostakovich, quella Quinta Sinfonia che nel 1937 ne segnò la riabilitazione dopo la stroncatura della Lady Macbeth del distretto di Mcensk. A pieno organico, l’orchestra ha aderito perfettamente a tutte le sfumature di una partitura complessa, ben guidata da Xian Zhang fino al roboante finale. Da segnalare la prestazione del primo violino, Salvatore Quaranta, in prestito dalla Scala, dove suona come primo dei secondi, e qui impegnato in un paio di soli nei primi due movimenti.

I concerti in ordine cronologico

 

Venerdì 6 aprile 2018

Auditorium Parco della Musica, Roma

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Xian Zhang direttore

Donika Mataj soprano

Ciro Visco maestro del coro

 

Giovedì 12 aprile 2018

Teatro Argentina, Roma

Maxim Vengerov violino
Polina Osetinskaya pianoforte
Johannes Brahms
Sonata n.1 in sol maggiore op. 78
Sonata n.3 in re minore op. 108
 Maurice Ravel
Sonata n.2 in sol maggiore
 Niccolò Paganini

Cantabile in re maggiore op. 17

Introduzione e variazioni sul tema “Di tanti palpiti” dal Tancredi di Rossini op. 13

 

Venerdì 20 aprile 2018

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Nicola Luisotti direttore

Sabine Devieilhe soprano

  • BeethovenSinfonia n. 8
  • MozartArie da concerto
    “Vorrei spiegarvi oh Dio” K 418
    “Alcandro, lo confesso – Non sò, d’onde viene” K 294
    “Popoli di Tessaglia – Io non chiedo eterni dei” K 316
  • ProkofievSinfonia n. 7

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